Venerdì sera ci siamo
dirette verso il Contestaccio di Roma, e in occasione della data del
suo nuovo tour abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Marco
Ligabue!
Abbiamo cominciato con il
chiedergli, andando a ritroso nel tempo, come fosse nata la sua
passione per la musica, partendo proprio dai suoi esordi. Il suo
interessamento per la musica nasce fin dalla tenera età e continua
durante la sua adolescenza, quando trovandosi a contatto con una
chitarra acustica scopre una vera e propria passione, che non solo
non abbandona ma si intensifica nel corso degli anni, fin quando
vivere con la musica è diventato il quotidiano.
Scegliere la musica come
vita non è stato immediato, e si sarebbe comunque immaginato
un'esistenza che gravitasse intorno al mondo musicale, magari come
giornalista o critico nel settore.
La sua grande passione è
stata sempre molto viva, al punto che la presenza della musica fosse
sempre costante nell'arco della sua vita.
In concomitanza con
l'inizio della carriera di Luciano (Ligabue Senior), dove la sua
partecipazione e collaborazione è stata fondamentale per molti
aspetti, anche la sua strada stava prendendo forma, evolvendosi nel
corso degli anni, fino ad arrivare ad oggi dove lo troviamo nelle
vesti di cantautore.
La sua voglia di
intraprendere un cammino da solita, dopo molti anni di permanenza
nella band Rio, è stato un percorso naturale. Si è fatto da parte,
si è trovato davanti ad un foglio bianco e ha scritto moltissime
canzoni, e ha capito che per far uscire e mostrare agli altri quel
suo lato di se, anzi se stesso, doveva mettersi in gioco non solo
suonando ma anche cantando. Ha trovato piacevole e
non solo necessaria la parte di lavorazione che c'è dietro un disco,
ma ancor di più entusiasmante il contatto diretto con il pubblico,
il rapporto con le persone dove avviene il massimo della
comunicazione.
La nascita del suo
secondo disco, che vedremo probabilmente uscire poco dopo l'estate, è
stata spontanea e si è ritrovato in poco tempo ad avere moltissime
idee, materiale e canzoni, tanto che ha cominciato a mettere tutto
nero su bianco e registrare gran parte del lavoro.
Il suo nuovo singolo“Ti
porterò lontanto” è già uscito in radio il 16 maggio (qui ilvideoclip).
Ci ha parlato del
significato sia del brano, che del disco, ma anche della sua
percezione in generale della vita, la visione di un bicchiere sempre
mezzo pieno, e il sentire di poter portare in giro con se un po' di
speranza. In un momento di difficoltà estesa in tutti i campi, da
quello lavorativo, politico, economico, emozionale/sentimentale,
riuscire sempre e comunque a vedere il meglio non arrendendosi mai,
tornando a credere in se stessi e nei sogni, e ci troviamo
perfettamente d'accordo con il voler credere che si può andare
lontano!
Avendo avuto modo di
poter fare davvero un grande numero di concerti, ha potuto vedere
quanto questo suo ruolo più da “protagonista” fosse bello, ma
anche impegnativo. La carica e l'energia positiva che il live gli ha
regalato più e più volte ha messo in moto in lui una gran voglia di
replicare, anzi di superarsi, arrivando a nuovi traguardi come 100 o
forse più concerti. Noi speriamo ovviamente proprio di poter
festeggiare con lui quest'evento, magari proprio a Roma!
Marco è stato
disponibilissimo e ci ha trasmesso davvero una gran voglia di credere
come sempre nel potere della musica e nella magia della sua
comunicazione.
Quando ci si trova
davanti ad artisti con la A maiuscola, a persone che si impegnano e
mettono loro stessi alla prova, che ti coinvolgono in modo emotivo e
incondizionato, trasmettendoti tutta la positività, la grinta e la
carica ma anche la loro stessa passione, non possiamo fare altro che
inchinarci ed applaudire, rimanendo estasiate dalla meraviglia della
loro musica.
Ieri abbiamo avuto il
piacere, anzi, sarebbe proprio il caso di dire l'onore, di
raggiungere telefonicamente, Gabriele Rubini, conosciuto ormai da tutti con il nome di Chef Rubio!
Nell'ultimo anno il suo
successo non ha fatto altro che lievitare, al punto da farlo
diventare un personaggio amato da tutti, a volte anche discusso, ma
pur sempre un'icona vera e genuina che spicca tra tutti!
Ma partiamo dal
principio, per chi non lo conoscesse ancora, il ragazzo in questione,
nato a Frascati, classe '83, non ha iniziato la sua carriera in modo
convenzionale, come anche lui ci ha raccontato, la sua passione per i
fornelli e i segreti che si celano dietro di essi è nata e si è
sviluppata sempre con più interesse nel corso degli anni. Fin da
giovane lo vediamo impegnato nel fantastico mondo del rugby, uno
sport che oltre a regalargli molte soddisfazioni, lo porta anche a
viaggiare ed esplorare diverse parti del mondo. Il riflettore su di
lui si accende quando va in onda su Dmax, per la prima volta nel
giugno del 2013, il programma “Unti e Bisunti” che fin da subito
rapisce e conquista sia il pubblico che la critica, ma non per la
spettacolarità delle scene, tanto invece per l'originalità e la
competenza. Ciò che trasmette è autenticità, tradizione, e la
naturalezza di “sporcarsi le mani” all'occorrenza, il tutto
condito con un pizzico di stravaganza e curiosità.
Di certo non si può
nascondere che il suo aspetto non abbia “bucato lo schermo”
lasciando una chiara impronta di se, ma non è certo l'unica cosa che
è arrivata ai telespettatori! Ha avuto modo di
sfruttare il suo passato da rugbista con il programma “Il
Cacciatore di tifosi” in occasione del Sei Nazioni 2014, che ha
permesso, anche grazie al personaggio, di far avvicinare molti
giovani a questo sport!
Non solo la Tv lo ha
visto protagonista, infatti a gennaio di quest'anno è uscito il suo
primo libro, “La Dieta Mediterranea”, scritto a quattro mani con
Stefania Ruggeri, e più recentemente il libro ispirato all'omonimo
programma “Unti e Bisunti”.
Ma se pensate che meglio
di così non poteva andare vi sbagliate! Infatti dal 10 aprile Chef
Rubio è diventato un vero e proprio eroe dei fumetti con “Chef
Rubio: the Food Fighter”. Un fumetto ricco e davvero ben costruito
scritto da Diego Cajelli e disegnato da Enza Fontana. L'altra bella notizia che
possiamo darvi è quella della messa in onda della seconda serie di
“Unti e Bisunti” su Dmax tutti i lunedì, dove continua a
macinare km in giro per l'Italia in cerca di sfide e piatti
indimenticabili!
A noi le rivelazioni ci
piacciono, specie quando hanno un buon cervello, delle idee
brillanti, tanta voglia di fare e ci mettono oltre che la faccia
anche il cuore. Lo ringraziamo ancora per
la sua disponibilità!
Abbiamo parlato fin
troppo...ora vi lasciamo all'intervista e alle sue parole che potrete
trovare sia in video che trascritte qui sotto!
D: Cosa ha spinto un
ragazzo ventenne ad interessarsi al mondo della cucina? Com'è nata
questa passione e la voglia di approfondirla?
R: La cosa c'è sempre
stata, semplicemente a vent'anni ha preso un po' più piede, ha
cominciato a scansare altre passioni, facendomi mettere più energia
in quello che avevo calcolato come semplice passatempo, hobby o
interesse personale, quindi non ti so dire la concausa, sono state
tante piccole cause che mi hanno portato poi a virare lentamente e
quasi drasticamente verso questo mondo.
D: Hai giocato a rugby
per moltissimi anni, arrivando anche ad altissimi livelli, cosa ti ha
insegnato e lasciato questo sport?
R: Altissimi
livelli....lasciamo questo epiteto a chi nella nazionale maggiore ha
giocato a livello internazionale, comunque mi sono tolto tante
soddisfazioni, fino all'under 21 sono sempre stato convocato in
nazionale. Cosa mi ha lasciato? Mi ha lasciato un sacco di amici, di
quelli che ti porti dietro e non devi sentire per forza una volta
ogni tanto, ma pure dopo due anni sono sempre dietro l'angolo, e il
carattere. Mi ha formato, mi ha formato e se sono quello che sono
oggi è grazie al rugby.
D: Perché è uno di quei
pochi sport che ha un carattere di per se, anche come ambiente.
R: Certo si, è uno sport
che lo si deve vivere o anche solo frequentare per poterlo capire,
perché poi a parole tutti gli sport si assomigliano, però avendone
praticati diversi e conosciuti molteplici, non ho mai riscontrato
l'affiatamento come nel rubgy.
D: Sia il rugby, che la
passione per il viaggio e la scoperta, ti hanno portato a visitare e
vivere in molti luoghi dove ci sono diverse tradizioni culinarie,
questo quanto ha influito e condizionato il tuo stile in cucina?
R: ma...moltissimo, anche
se il mio stile ancora è in fase di indirizzamento, ancora non ho
uno stile ben preciso. Sicuramente ho un'identità che sta prendendo
piede, però il percorso è ancora lungo. I viaggi che ho fatto hanno
influito in maniera importante su quello che io offro poi ad esempio
all'amico o al cliente.
D: Dimmi il nome di un
piatto a cui sei particolarmente legato, uno che detesti e il più
strano che tu abbia mai mangiato.
R: Quello che mi mette in
pace con il mondo quando riesco a mangiarlo, ma non sempre ci riesco
a mangiarlo, è l'unakidon, che è una ciotola di riso con sopra
l'anguilla grigliata con la salsa di soia che è tipica della cultura
giapponese. Un piatto che detesto non c'è. Mi piacciono tutti.
Eviterei solo i dolci...però sono goloso anche di dolci, mi
sembrerebbe una cattiveria inutile nei confronti dei dolci. Quello
più strano...ce ne sono diversi, non so ad esempio la prelibatezza
dello sperma di tonno nel periodo invernale che si mangia a Tokyo, o
comunque in tutto il Giappone, che rispetto al nome...è fantastico.
D: Unti e Bisunti è un
programma rivoluzionario sotto tanti punti di vista, cosa ti ha
spinto a metterti in gioco con un programma televisivo?
R: Mi sono messo in
gioco, mi hanno chiamato e ho semplicemente raccontato me stesso,
quindi una scommessa abbastanza facile. Mettermi in gioco è
diventato sempre più difficile per quanto riguarda il raccontare
nella maniera più corretta e più esaustiva una verità, che possa
quasi poi avvicinarsi alla quella assoluta della cucina, rispetto per
i colleghi che guadano il programma, i primi beneficiari che possono
avere il dito puntato potrebbero essere loro, ed aver avuto parole di
conforto e di elogio mi ha rincuorato molto. Poi dopo tutto il
pubblico che invece non ha mai avuto l'occasione di fare magari
quello che ho fatto io, o ha sempre visto la cucina in modo a mio
avviso errato, erano i beneficiari di quello che appunto era il
lavoro fatto da me, ma come altre persone che hanno preso parte al
programma, che sono state fondamentali per l'ottima riuscita. Più
persone poi sono tirate in ballo e più il carico da portare dietro è
pesante, e quindi difficile da tenere sotto controllo e raccontare.
D: Un programma del
genere ha avvicinato un pubblico molto più ampio e variegato dei
soliti programmi di cucina, quindi in un certo senso è come se la
gente avesse avuto bisogno di un programma del genere.
R: La disperazione e la
desolazione del panorama televisivo ci hanno fatto gioco perché se
tante persone si sono affezionate, vuol dire che l'offerta era
veramente bassa e mancava di contenuti a livello emotivo. Perché poi
se parli di cucina devi parlare di emozioni, delle persone che la
praticano, non solo di porcellana su cui viene poggiato qualcosa di
estremamente tecnico sopra. Ringrazio innanzitutto tutti gli altri
programmi, perché se non ci fossero stati loro io non mi sarei messo
in gioco e non avremmo avuto il successo che abbiamo avuto. Se
l'offerta fosse stata migliore magari non staremmo parlando di
questo. (Li ringraziamo anche noi)
Un ringraziamento corale.
Adesso viene il difficile, vengono le riconferme, viene l'offrire
qualcosa di sempre emotivamente forte e vero, quindi è semplicemente
un punto di partenza, la difficoltà adesso starà nel continuare ad
essere propositivi e ricchi di contenuti.
D: Ti fanno spesso
domande su quanto il tuo fascino abbia influenzato il tuo successo,
invece noi siamo interessate più che altro alla sostanza! Infatti
volevamo parlare del tuo primo libro “La nuova Dieta Mediterranea”
scritto insieme a Stefania Ruggeri, come hai vissuto questa
esperienza?
R: È stato scritto
praticamente quasi tutto prima ancora dell'ascesa a livello
mediatico, quindi con i tempi che ci siamo presi e che ritenevamo
giusti, con delle pause. È stato un libro che poi grazie appunto
alla notorietà abbiamo fatto respirare, senza la quale magari
neanche avremmo mai pubblicato. Magari la Feltrinelli non sapendo chi
fossi io, non avrebbe mai preso in considerazione un cosa del genere,
quindi è stata una serie di coincidenze e di fatti che hanno reso
possibile poi la pubblicazione. L'esperienza è stata formativa e
formante, comunque mi ha permesso di viaggiare e di conoscere un
altro mondo un po' più scientifico, di sensibilizzarmi nei confronti
di alcune situazioni. Sono molto contento del lavoro fatto con
Stefania, ma che fossero state vendute 10 copie o che ne venissero
vendute milioni, a me non cambia niente, il libro l'ho fatto
innanzitutto per me stesso perché alla fine ha semplicemente messo
nero su bianco quello che io e Stefania abbiamo fatto e poi dopo se a
qualcun'altro può essere utile per stare meglio ne sono solo che
felice.
D: Pensi di cimentarti
ancora in futuro nella scrittura o in questo ambito?
R: Ma se mi si lasciasse
un po' in pace e mi si lasciasse tempo per scrivere, adesso che
magari ho la possibilità di essere creduto come anche promotore di
idee e di pensieri scritti, si, perchè no! Ma non assolutamente
inerente alla cucina e non assolutamente le ricette, non è una cosa
che mi interessa, e se è qualcosa che fa parte di un percorso che ho
fatto lo metto giù per iscritto, altrimenti preferisco un flusso di
pensieri buttati giù che hanno una tematica un po' più ampia e che
non riguardi solo la cucina.
D: Abbiamo letto e
apprezzato moltissimo il fumetto “Chef Rubio: The Food Fighter”.
Te come l'hai presa la notizia di essere diventato un eroe dei
fumetti?
R: Al telefono, mi hanno
chiamato, mi hanno detto “guarda vorremmo fare un fumetto” e
tramite Giuseppe, ho scoperto che ero stato scelto per rappresentare
me stesso un po' più in forma, un po' più scattante sulla carta. È
stato gratificante, è stato anche un po' imbarazzante. È stato un
misto di emozioni, però è come se tutto questo che sto facendo non
mi desse il tempo nemmeno di gioire di quello che è stato fatto su
di me o di quello che sto facendo, perché ancora non mi è arrivato
lo stupore. Sto ancora troppo dentro l'occhio del ciclone per capire
che sono diventato un fumetto...tutto questo mi ha estremamente
lusingato e ripeto anche imbarazzato la cosa, però se è già stata
fatta e già stata messa in giro e già qualcuno sta leggendo
l'avventura mi sembra quasi una cosa ovvia, poi magari tra qualche
mesetto se ci risentiamo e avrò avuto tempo di realizzare quello che
è capitato in un anno e mezzo magari ti darò una risposta un po'
più a mente lucida.
D: Siccome noi ci
occupiamo spesso di musica e cinema qual'è un film preferito o una
band o una canzone preferita, se la hai?
R: Nessuna delle tre. Ci
sono vari film che mi hanno dato tanto...ad esempio mi piace tanto
Requem For a Dream, ce ne sono mille che ti potrei citare, però
adesso mi stava passando per la testa questo.
Per quanto riguarda
invece la band, adesso stavo ascoltando Il muro del canto, ti dico
loro...
La fruibilità che c'è
oggi per un gruppo è altissima, basta che metti Spotify o qualunque
altra cosa e ti annoi con una canzone, te ne viene in mente un'altra
e te la vai a recuperare, quindi mi sento dai venti ai trenta gruppi
al giorno e mi sembrerebbe fare un dispetto a qualcuno non citandolo.
Poche ore fa stavo ascoltando Il muro del canto quindi dico loro. Il
film invece l'ho visto diverse volte ed è raro, perché non guardo
mai lo stesso film più di una volta, perché mi era piaciuto proprio
il messaggio che c'era dietro e come era girato.
D: L'ultima domanda la
volgiamo ai progetti futuri...hai mai pensato di fare un “Unti e
Bisunti” all'estero?
R: Unti e Bisunti no, con
la stessa formula no. Però mi piacerebbe poter raccontare l'estero,
magari in maniera un po' più documentaristica, senza delle parti
scritte, lasciandomi un po' più libero di stare anche in silenzio,
facendo gioco pure la fotografia, insomma un po' più descrittiva. Io
ho parlato più in un anno e mezzo che in tutta la mia vita, sono
abbastanza taciturno quindi vorrei stare anche un po' in silenzio.
Un pò di tempo fa vi avevamo segnalato, in questo articolo, l'uscita del nuovo Ep dei nostri cari The Electric Diorama.
Oggi abbiamo deciso di parlarvi meglio di questo lavoro, nonostante sia passata quasi un'eternità, ci prendiamo infatti tutte le colpe possibili per non averlo fatto prima! Abbiamo fatto passare fin troppa acqua sotto i ponti, ma come si dice..."sempre meglio tardi che mai, no?"
Antimatter è il titolo dell'Ep, e proprio come dicevamo nello scorso comunicato, ha segnato una specie di evoluzione delle sonorità, più mature e in un certo senso a cavallo tra venature rock ed elettroniche.
Di impatto e di grande rilievo c'è innanzi tutto la copertina sulla quale puntiamo il primo riflettore. Il secondo punto focale secondo noi va attribuito all'intro Matter, e all'outro Antimatter. Aprono e chiudono in modo eccelso l'intero lavoro. Il primo è un'apertura di sipario che preannuncia l'effettivo spettacolo mentre la chiusura, nonostante sia tale, da quel giusto senso di contenimento e di spinta e apertura, proprio come se ci fosse un secondo tempo a seguire la traccia.
In tutto i pezzi proposti e pubblicati sono 6. The Omega Project è il primo brano che troviamo dopo l’intro e comincia con una sirena per poi proseguire con
un ritmo calzante. Non ci sentiamo di poter definire, completamente questo brano musicalmente parlando, ha delle ottime influenze stilistiche e il ritornello è uno dei suoi punti forti, rimane nella testa. In molti potrebbero definirlo banale o “già sentito” ma intorno a tutte queste parole l’unica che regge e che campeggia è il fatto che il pezzo di per se funziona eccome, tanto da essere il primo singolo estratto! (qui potrete vedere il video).
Nel mezzo c’è Oxygen, che si presenta con un sound ancora più interessante, riporta in un certo qual modo un po’ agli inizi pur riuscendo a far arrivare nuove ed accattivanti sensazioni. Il suo ritmo robusto ci fa venir voglia di saltare, molto diretta fin dal primo ascolto e facile da assorbire.
Subito dopo si fa strada Demons, che con un’apertura di pianoforte e temporali in sottofondo ci inganna un po’ in senso buono. Con il passare del tempo possiamo affermare che è diventata una delle nostre preferite, forse proprio per la sua particolarità. L’evolversi del brano è una continua sorpresa, diventa fin da subito orecchiabile e armonioso.
Dimostrano il loro saperci fare nella composizione della cover Clarity di Zedd, che ci ha un po’ meravigliato. La canzone di per se era buona, ma con il tocco Diorama ha decisamente fatto un salto di qualità. Le hanno donato un vestito più articolato e costruito, con sonorità più dure e decise.
L’unica pecca che troviamo in tutto ciò è che dura troppo troppo poco!
Consideriamo questo Ep come un ponte, che collega e amalgama il loro passato con un ampio sguardo al loro prossimo futuro musicale!
Li abbiamo visti e sentiti evolversi nel corso di questi anni, e abbiamo potuto notare che la loro originalità sta proprio nello sperimentare, nel tracciare nuove esperienze pur lasciando sempre quel retrogusto Diorama ai loro lavori. Intrigante è la parola che potremmo usare per definire il tutto! Il consiglio che ci sentiamo di dare è quello di ascoltare, sempre e a prescindere, perchè solo così potrete capire e apprezzare o nel peggiore dei casi criticare!
Vi lasciamo all'ascolto delle tracce (anche live) e al link della loro pagina facebook, dove troverete un interessante sequenza di date del loro nuovo Springtour!
Non avete scuse per non andare, la musica è buona, la compagnia pure...garantiamo noi per loro!!!