sabato 24 maggio 2014

INTERVISTA A GABRIELE RUBINI alias CHEF RUBIO!


Ieri abbiamo avuto il piacere, anzi, sarebbe proprio il caso di dire l'onore, di raggiungere telefonicamente, Gabriele Rubini, conosciuto ormai da tutti con il nome di Chef Rubio!
Nell'ultimo anno il suo successo non ha fatto altro che lievitare, al punto da farlo diventare un personaggio amato da tutti, a volte anche discusso, ma pur sempre un'icona vera e genuina che spicca tra tutti!
Ma partiamo dal principio, per chi non lo conoscesse ancora, il ragazzo in questione, nato a Frascati, classe '83, non ha iniziato la sua carriera in modo convenzionale, come anche lui ci ha raccontato, la sua passione per i fornelli e i segreti che si celano dietro di essi è nata e si è sviluppata sempre con più interesse nel corso degli anni. Fin da giovane lo vediamo impegnato nel fantastico mondo del rugby, uno sport che oltre a regalargli molte soddisfazioni, lo porta anche a viaggiare ed esplorare diverse parti del mondo. Il riflettore su di lui si accende quando va in onda su Dmax, per la prima volta nel giugno del 2013, il programma “Unti e Bisunti” che fin da subito rapisce e conquista sia il pubblico che la critica, ma non per la spettacolarità delle scene, tanto invece per l'originalità e la competenza. Ciò che trasmette è autenticità, tradizione, e la naturalezza di “sporcarsi le mani” all'occorrenza, il tutto condito con un pizzico di stravaganza e curiosità.
Di certo non si può nascondere che il suo aspetto non abbia “bucato lo schermo” lasciando una chiara impronta di se, ma non è certo l'unica cosa che è arrivata ai telespettatori! Ha avuto modo di sfruttare il suo passato da rugbista con il programma “Il Cacciatore di tifosi” in occasione del Sei Nazioni 2014, che ha permesso, anche grazie al personaggio, di far avvicinare molti giovani a questo sport!
Non solo la Tv lo ha visto protagonista, infatti a gennaio di quest'anno è uscito il suo primo libro, “La Dieta Mediterranea”, scritto a quattro mani con Stefania Ruggeri, e più recentemente il libro ispirato all'omonimo programma “Unti e Bisunti”.
Ma se pensate che meglio di così non poteva andare vi sbagliate! Infatti dal 10 aprile Chef Rubio è diventato un vero e proprio eroe dei fumetti con “Chef Rubio: the Food Fighter”. Un fumetto ricco e davvero ben costruito scritto da Diego Cajelli e disegnato da Enza Fontana. L'altra bella notizia che possiamo darvi è quella della messa in onda della seconda serie di “Unti e Bisunti” su Dmax tutti i lunedì, dove continua a macinare km in giro per l'Italia in cerca di sfide e piatti indimenticabili!
A noi le rivelazioni ci piacciono, specie quando hanno un buon cervello, delle idee brillanti, tanta voglia di fare e ci mettono oltre che la faccia anche il cuore. Lo ringraziamo ancora per la sua disponibilità!
Abbiamo parlato fin troppo...ora vi lasciamo all'intervista e alle sue parole che potrete trovare sia in video che trascritte qui sotto!


D: Cosa ha spinto un ragazzo ventenne ad interessarsi al mondo della cucina? Com'è nata questa passione e la voglia di approfondirla?
R: La cosa c'è sempre stata, semplicemente a vent'anni ha preso un po' più piede, ha cominciato a scansare altre passioni, facendomi mettere più energia in quello che avevo calcolato come semplice passatempo, hobby o interesse personale, quindi non ti so dire la concausa, sono state tante piccole cause che mi hanno portato poi a virare lentamente e quasi drasticamente verso questo mondo.
D: Hai giocato a rugby per moltissimi anni, arrivando anche ad altissimi livelli, cosa ti ha insegnato e lasciato questo sport?
R: Altissimi livelli....lasciamo questo epiteto a chi nella nazionale maggiore ha giocato a livello internazionale, comunque mi sono tolto tante soddisfazioni, fino all'under 21 sono sempre stato convocato in nazionale. Cosa mi ha lasciato? Mi ha lasciato un sacco di amici, di quelli che ti porti dietro e non devi sentire per forza una volta ogni tanto, ma pure dopo due anni sono sempre dietro l'angolo, e il carattere. Mi ha formato, mi ha formato e se sono quello che sono oggi è grazie al rugby.
D: Perché è uno di quei pochi sport che ha un carattere di per se, anche come ambiente.
R: Certo si, è uno sport che lo si deve vivere o anche solo frequentare per poterlo capire, perché poi a parole tutti gli sport si assomigliano, però avendone praticati diversi e conosciuti molteplici, non ho mai riscontrato l'affiatamento come nel rubgy.
D: Sia il rugby, che la passione per il viaggio e la scoperta, ti hanno portato a visitare e vivere in molti luoghi dove ci sono diverse tradizioni culinarie, questo quanto ha influito e condizionato il tuo stile in cucina?
R: ma...moltissimo, anche se il mio stile ancora è in fase di indirizzamento, ancora non ho uno stile ben preciso. Sicuramente ho un'identità che sta prendendo piede, però il percorso è ancora lungo. I viaggi che ho fatto hanno influito in maniera importante su quello che io offro poi ad esempio all'amico o al cliente.
D: Dimmi il nome di un piatto a cui sei particolarmente legato, uno che detesti e il più strano che tu abbia mai mangiato.
R: Quello che mi mette in pace con il mondo quando riesco a mangiarlo, ma non sempre ci riesco a mangiarlo, è l'unakidon, che è una ciotola di riso con sopra l'anguilla grigliata con la salsa di soia che è tipica della cultura giapponese. Un piatto che detesto non c'è. Mi piacciono tutti. Eviterei solo i dolci...però sono goloso anche di dolci, mi sembrerebbe una cattiveria inutile nei confronti dei dolci. Quello più strano...ce ne sono diversi, non so ad esempio la prelibatezza dello sperma di tonno nel periodo invernale che si mangia a Tokyo, o comunque in tutto il Giappone, che rispetto al nome...è fantastico.
D: Unti e Bisunti è un programma rivoluzionario sotto tanti punti di vista, cosa ti ha spinto a metterti in gioco con un programma televisivo?
R: Mi sono messo in gioco, mi hanno chiamato e ho semplicemente raccontato me stesso, quindi una scommessa abbastanza facile. Mettermi in gioco è diventato sempre più difficile per quanto riguarda il raccontare nella maniera più corretta e più esaustiva una verità, che possa quasi poi avvicinarsi alla quella assoluta della cucina, rispetto per i colleghi che guadano il programma, i primi beneficiari che possono avere il dito puntato potrebbero essere loro, ed aver avuto parole di conforto e di elogio mi ha rincuorato molto. Poi dopo tutto il pubblico che invece non ha mai avuto l'occasione di fare magari quello che ho fatto io, o ha sempre visto la cucina in modo a mio avviso errato, erano i beneficiari di quello che appunto era il lavoro fatto da me, ma come altre persone che hanno preso parte al programma, che sono state fondamentali per l'ottima riuscita. Più persone poi sono tirate in ballo e più il carico da portare dietro è pesante, e quindi difficile da tenere sotto controllo e raccontare.
D: Un programma del genere ha avvicinato un pubblico molto più ampio e variegato dei soliti programmi di cucina, quindi in un certo senso è come se la gente avesse avuto bisogno di un programma del genere.
R: La disperazione e la desolazione del panorama televisivo ci hanno fatto gioco perché se tante persone si sono affezionate, vuol dire che l'offerta era veramente bassa e mancava di contenuti a livello emotivo. Perché poi se parli di cucina devi parlare di emozioni, delle persone che la praticano, non solo di porcellana su cui viene poggiato qualcosa di estremamente tecnico sopra. Ringrazio innanzitutto tutti gli altri programmi, perché se non ci fossero stati loro io non mi sarei messo in gioco e non avremmo avuto il successo che abbiamo avuto. Se l'offerta fosse stata migliore magari non staremmo parlando di questo. (Li ringraziamo anche noi)
Un ringraziamento corale. Adesso viene il difficile, vengono le riconferme, viene l'offrire qualcosa di sempre emotivamente forte e vero, quindi è semplicemente un punto di partenza, la difficoltà adesso starà nel continuare ad essere propositivi e ricchi di contenuti.
D: Ti fanno spesso domande su quanto il tuo fascino abbia influenzato il tuo successo, invece noi siamo interessate più che altro alla sostanza! Infatti volevamo parlare del tuo primo libro “La nuova Dieta Mediterranea” scritto insieme a Stefania Ruggeri, come hai vissuto questa esperienza?
R: È stato scritto praticamente quasi tutto prima ancora dell'ascesa a livello mediatico, quindi con i tempi che ci siamo presi e che ritenevamo giusti, con delle pause. È stato un libro che poi grazie appunto alla notorietà abbiamo fatto respirare, senza la quale magari neanche avremmo mai pubblicato. Magari la Feltrinelli non sapendo chi fossi io, non avrebbe mai preso in considerazione un cosa del genere, quindi è stata una serie di coincidenze e di fatti che hanno reso possibile poi la pubblicazione. L'esperienza è stata formativa e formante, comunque mi ha permesso di viaggiare e di conoscere un altro mondo un po' più scientifico, di sensibilizzarmi nei confronti di alcune situazioni. Sono molto contento del lavoro fatto con Stefania, ma che fossero state vendute 10 copie o che ne venissero vendute milioni, a me non cambia niente, il libro l'ho fatto innanzitutto per me stesso perché alla fine ha semplicemente messo nero su bianco quello che io e Stefania abbiamo fatto e poi dopo se a qualcun'altro può essere utile per stare meglio ne sono solo che felice.
D: Pensi di cimentarti ancora in futuro nella scrittura o in questo ambito?
R: Ma se mi si lasciasse un po' in pace e mi si lasciasse tempo per scrivere, adesso che magari ho la possibilità di essere creduto come anche promotore di idee e di pensieri scritti, si, perchè no! Ma non assolutamente inerente alla cucina e non assolutamente le ricette, non è una cosa che mi interessa, e se è qualcosa che fa parte di un percorso che ho fatto lo metto giù per iscritto, altrimenti preferisco un flusso di pensieri buttati giù che hanno una tematica un po' più ampia e che non riguardi solo la cucina.
D: Abbiamo letto e apprezzato moltissimo il fumetto “Chef Rubio: The Food Fighter”. Te come l'hai presa la notizia di essere diventato un eroe dei fumetti?
R: Al telefono, mi hanno chiamato, mi hanno detto “guarda vorremmo fare un fumetto” e tramite Giuseppe, ho scoperto che ero stato scelto per rappresentare me stesso un po' più in forma, un po' più scattante sulla carta. È stato gratificante, è stato anche un po' imbarazzante. È stato un misto di emozioni, però è come se tutto questo che sto facendo non mi desse il tempo nemmeno di gioire di quello che è stato fatto su di me o di quello che sto facendo, perché ancora non mi è arrivato lo stupore. Sto ancora troppo dentro l'occhio del ciclone per capire che sono diventato un fumetto...tutto questo mi ha estremamente lusingato e ripeto anche imbarazzato la cosa, però se è già stata fatta e già stata messa in giro e già qualcuno sta leggendo l'avventura mi sembra quasi una cosa ovvia, poi magari tra qualche mesetto se ci risentiamo e avrò avuto tempo di realizzare quello che è capitato in un anno e mezzo magari ti darò una risposta un po' più a mente lucida.
D: Siccome noi ci occupiamo spesso di musica e cinema qual'è un film preferito o una band o una canzone preferita, se la hai?
R: Nessuna delle tre. Ci sono vari film che mi hanno dato tanto...ad esempio mi piace tanto Requem For a Dream, ce ne sono mille che ti potrei citare, però adesso mi stava passando per la testa questo.
Per quanto riguarda invece la band, adesso stavo ascoltando Il muro del canto, ti dico loro...
La fruibilità che c'è oggi per un gruppo è altissima, basta che metti Spotify o qualunque altra cosa e ti annoi con una canzone, te ne viene in mente un'altra e te la vai a recuperare, quindi mi sento dai venti ai trenta gruppi al giorno e mi sembrerebbe fare un dispetto a qualcuno non citandolo. Poche ore fa stavo ascoltando Il muro del canto quindi dico loro. Il film invece l'ho visto diverse volte ed è raro, perché non guardo mai lo stesso film più di una volta, perché mi era piaciuto proprio il messaggio che c'era dietro e come era girato.
D: L'ultima domanda la volgiamo ai progetti futuri...hai mai pensato di fare un “Unti e Bisunti” all'estero?

R: Unti e Bisunti no, con la stessa formula no. Però mi piacerebbe poter raccontare l'estero, magari in maniera un po' più documentaristica, senza delle parti scritte, lasciandomi un po' più libero di stare anche in silenzio, facendo gioco pure la fotografia, insomma un po' più descrittiva. Io ho parlato più in un anno e mezzo che in tutta la mia vita, sono abbastanza taciturno quindi vorrei stare anche un po' in silenzio.

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