Il 29 aprile 2011 uscirà al cinema Source Code, il secondo lungometraggio di Duncan Jones, figlio di David Bowie. Il film con sfumature decisamente fantascientifiche e impronte tipiche dei migliori thriller tratta il tema del parallelismo degli universi.
Il Capitano Colter Stevens, interpretato da Jake Gyllenhaal , è un membro e capitano dell’esercito USA che si trova improvvisamente coinvolto in una missione sperimentale antiterroristica top secret del governo chiamata appunto Source Code.
Un programma che gli permette di vivere e rivivere realtà passate e di assumere l’identità di un’altra persona negli ultimi suoi otto minuti di vita. Si sveglia di soprassalto all’interno di un treno diretto a Chicago. Non ha la minima idea del perché sia su quel mezzo e non ricorda molto. Su quel treno conosce l’attraente Christina, impersonata da Michelle Monoghan, che in realtà lo riconosce con l’identità di Sean Fentress. Proprio in quel momento comincia a capire qualcosa e pochi istanti dopo il treno in prossimità di Chicago esplode. Successivamente si risveglia invece in un laboratorio dove una sua collega Collen Goodwin, interpretata da Vera Farmiga, gli rivela che fa tutto parte di un esperimento progettato e creato dall’ufficiale Dr. Rutledge, Jeffrey Wright.
Scopre finalmente il suo vero compito in quella missione, di ritornare sul treno più e più volte rivivendo sempre gli stessi ultimi otto minuti prima dell’esplosione, durante i quali dovrà raccogliere informazioni e capire il colpevole per poterlo fermare prima che si compiano altre stragi.
Il racconto è rappresentato su più livelli il che va anche a far rappresentare una parte psicologica della storia che analizza ed esplora ogni tassello della pellicola, scavando nell’indole dei personaggi e nel loro coinvolgimento e nelle implicazioni sociali, etiche e mentali nel corso della storia. I personaggi hanno molto spessore, personalità e soprattutto vengono resi dagli attori con credibilità, catapultati in una storia veloce proprio come il treno che li trasporta fino al confine con la fantascienza e la rottura delle porte spazio temporali. Facile immedesimarsi in una specie di gioco di specchi con il protagonista dai lati e sentimenti molto umani.
La narrazione nonostante sia episodica e frammentaria non risulta mai frivola o ripetitiva, anzi ogni quadro di visione da nuovi spunti per successive intuizioni. Una frizzante, geniale e ben articolata a tratti anche ironica dinamica narrativa, arricchita da una forte tensione emotiva che non affievolisce nel corso della storia, rendendo il film per certi versi quasi una ritrovata innovazione di questo genere cinematografico. Ritrovarsi quindi proiettati di punto in bianco in un’altra vita con otto minuti a disposizione per cercare di fare l’impossibile, cercando di modificare il corso degli eventi…
Siete pronti per questo viaggio al limite del possibile?
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