domenica 12 giugno 2011

L'ITALIA E IL FESTIVAL MUSICALE......RAPPORTO DIFFICILE?


Si è conclusa ieri l'edizione di quest'anno dell'Heineken Jammin' Festival e, a quanto pare, si porta dietro diverse polemiche che riguardano non solo l'Heineken in particolare ma un po' tutto ciò che ruota attorno alle organizzazioni dei festival musicali italiani e in parte anche il pubblico stesso.
Tutto nasce con la pubblicazione dei numeri, anche se sinceramente noi crediamo che questo discorso era già nell'aria da diverse settimane. Le cifre, da come svela un articolo sul sito di La Repubblica, parlano chiaro, quest'anno hanno partecipato la metà delle persone, il che è abbastanza rilevante visto che sono accorse al Parco San Giuliano di Mestre solo 50 mila persone, pubblico decisamente inferiore alle oltre 100 mila degli anni passati. In molti si stanno chiedendo come mai è accaduto ciò, noi sinceramente l'avevamo già intuito leggendo il cartellone ufficiale che, solo rispetto allo scorso anno, è alquanto imbarazzante. Per carità, i Coldplay sono un'ottima band, Vasco ha innumerevoli fan e lo stesso vale per i Negramaro (anche se non sappiamo quanti di quelli che erano già in possesso del biglietto del tour slittato a questo autunno abbiano deciso di affrontare un'ulteriore spesa per anticipare lo spettacolo), ma sta di certo che la decisione di affrontare certi costi non può dipendere solo dall'headliner e, diciamocelo, quest'anno non sono state programmate giornate particolarmente entusiasmanti.
Fatto sta che questo non è un caso isolato e che il problema in Italia ha radici decisamente più profonde, per questo in molti stanno dubitando di tanti aspetti di un festival che hanno poco a che fare con il cast. L'organizzatore di Live Nation Italia, Roberto De Luca, come riporta l'articolo, ha dichiarato che la fonte del problema "è sia culturale, sia strutturale. Scontiamo da un lato la poca abitudine del pubblico italiano a vivere la dimensione del festival, dall'altro la crisi economica e discografica, che genera introiti inferiori per tutto il comparto". Diciamo che in un certo senso il suo discorso non fa una piega, anche se grandi quantità di italiani si spostano ogni estate in tutta Europa per assistere a diversi festival, una buona percentuale invece non è affatto abituata a questo tipo di evento. 
Invece secondo Corrado Rizzotto (I-Day) tutto ciò è dipeso anche dalla burocrazia e dal moralismo, giustificando la sua teoria con un ottimo esempio, lo spostamento del Rototom Sunsplash dallla provincia di Udine a Benicassim (Spagna) poiché un festival di questo tipo era scandaloso e collegato direttamente alle droghe leggere. Inoltre, continua Rizzotto, in Italia spesso e volentieri accade che le amministrazioni non sostengono la realizzazione di eventi di questo tipo anche se magari ci sono luoghi adatti, esempio lampante è il tanto odiato divieto di suonare oltre una certa ora che ha già fatto discutere parecchio con l'avviso di garanzia recapitato a Claudio Trotta (Barley Arts), poi assolto, poiché il concerto di Bruce Springsteen tenutosi 3 anni fa a San Siro aveva sforato di 22 minuti, qualcosa che ha dell'incredibile se pensiamo che alcuni dei peggiori criminali se ne stanno invece tranquilli a godersi la vita. 
Proprio Claudio Trotta ritiene che questi festival, fatte alcune eccezioni, non hanno mai funzionato nel nostro paese per diversi motivi, il pubblico possiede una mentalità conservatrice, “schiavo dell'artista preferito o dell'headliner; atteggiamento fighetto del popolo del rock in Italia che ha paura di vivere l'esperienza del festival, anche se questo prevede i disagi di una giornata di pioggia; e infine le location sbagliate, quasi sempre autodromi o spazi fuori mano”. Effettivamente per esperienze personali siamo abbastanza d'accordo con lui, spesso e volentieri ci siamo ritrovate a fare i conti con i mezzi pubblici che non raggiungevano gli orari di fine concerto o che addirittura erano quasi inesistenti, il tutto a centinaia di chilometri di distanza ed è anche vero, ricollegandoci con le dichiarazioni di De Luca, che parte del pubblico italiano è abbastanza “comodo” e non tutti intendono vivere un festival in toto per quello che è ma lo considerano un normalissimo concerto nel quale si esibisce l'artista preferito.
A puntare il dito contro le organizzazioni invece è soprattutto il pubblico quando poi entrano in gioco variabili come l'altro oggetto di discussione del momento, come si evince anche da questa lettera, il regolamento del Rock In Idrho che si terrà mercoledì a Rho (MI). In poche parole questa volta si accusano gli organizzatori di una pessima gestione soprattutto per quanto riguarda la recente pubblicazione di ulteriori divieti che ha scatenato l'ira funesta di chi si era già procurato il biglietto da tempo, primo fra tutti quello di non poter introdurre all'interno dell'arena concerti nessun tipo di borsa, zaino o marsupio e cibo. Ci sarebbe anche chi ha da ridire sul divieto di portare macchine fotografiche, ma si sa che comunque ci sono alcune regole comuni a tutti i concerti, addirittura stampate sul retro di ogni singolo biglietto, sulle quali spesso si passa sopra.
A tutte queste considerazioni ne aggiungiamo anche una nostra personale, a prescindere dall'aumento dei prezzi di ogni singolo biglietto, poter affrontare economicamente l'offerta di concerti e festival concentrati quasi tutti in questo periodo è praticamente impossibile, soprattutto per un giovane adolescente o un normale impiegato, perciò ovviamente ci si ritrova a dover decidere di partecipare ad un evento piuttosto che ad un altro. Avere tutti questi festival a distanza di pochissimi giorni, basti pensare che tra l'Heineken e il Rock In Idrho ci sono solo 3 giorni di differenza, non favorisce di certo chi avrebbe voluto assistere ad ognuno di essi. Magari c'è chi preferisce, a parità di prezzo, andarsene all'estero e godersi in un'unico festival tutti gli artisti che in Italia avrebbe potuto vedere solo a più riprese e ad un costo decisamente maggiore.
Certo che se solo fosse possibile raggiungere locations più praticabili e non ci fossero continui ostacoli, la normalità per quanto riguarda l'estero, la situazione migliorerebbe e magari si potrebbe anche risolvere il problema della cultura del pubblico italiano che affligge un po' tutti gli organizzatori.



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